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martedì 9 maggio 2017

FONDAZIONE ROMANI': DOPO 5 ANNI DI STRATEGIA NAZIONALE

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Dopo cinque anni di strategia nazionale








Inizio e chiudo questa personale riflessione con lo slogan di Margaret Mead: Non dubitare mai che un piccolo gruppo di cittadini coscienziosi ed impegnati possa realizzare il cambiamento. In verità è l’unica cosa che è sempre accaduta.

Nell’anno 2012 il Governo Italiano approva la strategia nazionale per l’inclusione della minoranza romanì, in attuazione dell’impegno della Comunicazione della Commissione Europea n. 173/2011.

L’approvazione di una strategia nazionale per lo sviluppo socio-culturale della minoranza romanì è un atto politico importante in Italia, in cui gran parte degli enti locali e delle istituzioni, con la collaborazione di associazioni ed attivisti, da diversi decenni attivano iniziative per le comunità romanès con un modello di sviluppo degli interventi che non produce benefici utili.

Tanti progetti, tante iniziative, zero risultati.

In questo grande festival Italiano di scelte sbagliate e di gravi errori verso la minoranza romanì, una strategia nazionale di inclusione deve tracciare un modello di sviluppo degli interventi per le comunità romanès per non ripetere gli errori del passato; invece la strategia approvata dal Governo Italiano è una grande delusione perchè
  • ripropone vecchie contraddizioni e distorsioni sulla minoranza romanì
  • non declina un modello di sviluppo degli interventi per le comunità romanès diverso dal passato
  • propone la costituzione di un “Forum delle comunità romanès” che di fatto è un inutile “carrozzone folcloristico”
  • ignora la partecipazione attiva e qualificata del rom
  • il sistema di governance (della strategia) mostra limiti ed equivocità che non permettono un radicale cambiamento rispetto al passato
Inoltre nel documento della strategia viene utilizzata una denominazione (rom, sinti e camminanti) ambigua e divisiva per definire la minoranza romanì.

Mi chiedo se la strategia è stata prodotta per un concreto sviluppo sociale, culturale, politico ed economico della minoranza romanì, oppure per continuare a foraggiare lo sfruttamento del disagio delle comunità romanès.

Sono trascorsi cinque anni dall’approvazione della strategia e nulla è cambiato rispetto al passato, concretamente cosa è stato fatto?

In questi cinque anni è emersa con chiarezza la volontà di NON effettuare un cambiamento rispetto al passato, di folclorizzare la partecipazione attiva del rom, di continuare a sottovalutare la lingua-cultura romanì.

Cosa dobbiamo ancora attendere prima di avviare un cambiamento concreto del modello di sviluppo degli interventi per le comunità romanès?

Le istanze delle associazioni e degli attivisti denunciano le responsabilità degli enti locali e delle istituzioni, le quali o ignorano il tema rom violando diritti fondamentali oppure attivano scelte sbagliate, spesso suggerite dalle stesse associazioni ed attivisti.

Sembra quella metafora in cui “il bue dice cornuto all’asino”.

Il cambiamento è prodotto dalle idee, dai fatti concreti, mai dalle chiacchiere mediatiche per una convenzionale denuncia finalizzata alla personale auto-referenzialità.

La MISSION non potrà produrre il cambiamento senza aver definito la “VISION”, la visione politica strategica.

La questione è tutta concentrata nel fatto che gran parte delle associazioni e degli attivisti impegnati in Italia per e con le comunità romanès sono bravi a “copiare goffamente” il passato perché non hanno una propria proposta politica ed un proprio modello di sviluppo degli interventi. FORSE non hanno le conoscenze e le competenze per definire idee dotate di senso e dare risposte concrete ai bisogni socio-culturali delle minoranza romanì, oppure FORSE non hanno interessi personali a perseguire l’obiettivo di migliorare le condizioni della minoranza romanì.

Nel contesto italiano è visibile la QUANTITA’ di associazioni-attivisti impegnati per le comunità romanès (questo è un fattore positivo), ma in gran parte di loro è invisibile la QUALITA’ (questo è un fattore negativo) per assenza di conoscenze e competenze.

Certamente ci sono poche associazioni ed alcuni professionisti rom che hanno acquisito documentate conoscenze e competenze, ed hanno maturato buone esperienze positive, sono leaders e professionisti per fatti concreti realizzati, e non sono “burattini mediatici” per la personale auto-referenzialità.

Il cambiamento per migliorare le condizioni della minoranza romanì deve partire dal coinvolgimento attivo a propositivo di queste positive professionalità del mondo romanò per costruire specifici processi di sviluppo della partecipazione, delle comunità e scelte politiche socio-culturale.

Non ha alcun senso continuare a promuovere a livello nazionale iniziative per la partecipazione attiva di rom e sinti in cui c’è tutto ed il contrario di tutto, in l’unica certezza è quella di dividersi sul nulla, e dove la presenza della parte positiva del mondo romanò diventa inutile.

Una strategia nazionale per l’inclusione della minoranza romanì ha un senso se parte dal coinvolgimento attivo e propositivo delle positive professionalità presenti nelle comunità romanès per declinare un modello di sviluppo degli interventi ed elaborare processi di partecipazione e di crescita delle comunità, cioè costruire ed avviare un cambiamento che è essenziale.

Non dubitare mai che un piccolo gruppo di cittadini coscienziosi ed impegnati possa realizzare il cambiamento. In verità è l’unica cosa che è sempre accaduta.
(Margaret Mead - Antropologa - Stati Uniti)

Nazzareno Guarnieri

 


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Via Rigopiano n. 10/B  - 65124 Pescara 

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