CHI MONITORAVA "CITTA' POSSIBILE" SAPEVA DELLE CASE FATISCENTI DI PROPRIETA' DEL "RAS" DELLE SOFFITTE
A proposito dell'autoassoluzione di alcune istituzioni che oggi
dichiarano di essere parte lesa di eventuali atti illegali connessi alla
gestione del progetto "Città Possibile" appena concluso a Torino.
Ecco di seguito un articolo di stampa in cui emergono retroscena appena
intravisti nelle prime notizie riportate dai media sull'inchiesta per
turbativa d'asta nell'appalto per i campi Rom di Torino:
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Terra del Fuoco: “Il Comune sapeva degli alloggi ed approvò”
Al Comune di Torino sapevano che la soluzione per sistemare i nomadi
sgomberati dal campo di lungo Stura Lazio erano gli alloggi di Giorgio
Molino, personaggio noto alle cronache giornalistiche come il 'ras delle
soffitte'.
E’ quanto emerso nella conferenza stampa convocata da
Terra del Fuoco, presso lo studio dell’avvocato Giampaolo Zancan, che
assiste Oliviero Alotto, presidente dell’associazione e indagato dalla
procura per turbativa d’asta.
"Nei tavoli di coordinamento del
progetto – ha affermato Matteo Saccani, esponente dell'associazione – è
stata proposta la disponibilità di 16 appartamenti ed è stato fatto
notare che la proprietà era di Molino. I rappresentanti del Comune non
ebbero nulla a che eccepire, hanno detto che andava bene e di andare
avanti”.
Inoltre la proposta degli alloggi di Molino non è stata
avanzata da Terra del Fuoco, ma da Aizo (Associazione Italiana Zingari
Oggi).
La procura sostiene che quei sedici appartamenti messi a
disposizione dall’immobiliarista Giorgio Molino, fossero privi dei
requisiti di abitabilità.
Il presidente di Terra del Fuoco,
Oliviero Alotto ha sottolineato che "noi ci siamo sempre opposti al
trasferimento in alloggi perchè la soluzione non era nello spirito del
progetto; quindi ci siamo via via defilati".
La vicenda. Nel 2012
venne firmata una convenzione tra Città e Prefettura per recuperare le
risorse stanziate già dal Ministro Maroni per l’emergenza rom in alcune
città, decadute dopo un ricorso e quindi reintegrate grazie al prezioso
lavoro svolto dalla Città, in collaborazione con Prefettura e Ministero.
La convenzione prevedeva la progettazione delle azioni da
compiere e stabilito di sottoporre ogni intervento all’esame preventivo
della Prefettura, con una verifica mensile su documentazione e
avanzamento lavori.
Nel dicembre 2013 venne istituito un Comitato
di indirizzo per definire priorità e coinvolgere pubblico e privato
sociale con esperienze specifiche. Un comitato interassessorile che ha
coinvolto Polizia Municipale, Assessorato all’Integrazione, Lavori
pubblici, Ambiente, Sistema educativo, Prefettura, Regione Piemonte,
Questura, Diocesi, Chiesa ortodossa, Compagnia di San Paolo, ecc. Fu
confermata la priorità del superamento del sito di Lungo Stura Lazio,
oggetto di un’azione specifica, per criticità igienico-sanitarie,
rischio idrogeologico e provvedimento di sequestro dell’area.
Nell’ottobre 2013 nella Gazzetta Ufficiale Europea venne pubblicato il
bando per il progetto Città possibile, che prevedeva il superamento
totale del campo rom di Lungo Stura Lazio, considerando 600 beneficiari
(su 800 censiti) e fissando la scadenza del contratto a dicembre 2015.
Durante la scrittura del progetto per la partecipazione alla gara
d’appalto, la Rete temporanea di Imprese aveva previsto che Terra del
Fuoco si occupasse degli auto recuperi e autodistruzioni, però con il
trascorrere del tempo l’associazione si rese conto che il Comune e RTI
stavano impostando il progetto emarginando tale direzione, emergeva
anche l’assenza di coraggio politico e il progetto perdeva efficacia.
Pertanto Terra del Fuoco decise di rinunciare a parti di appalto
preventivamente concordate, rinunciando di conseguenza ai relativi
fondi, in quanto si era snaturato lo spirito dell’intervento.
Chiaramente il caso è del tutto politico e come sostiene l’avvocato Zancan “Non si è perseguito neppure l’interesse economico”.
Sta di fatto che Terra del Fuoco non è stata capofila, ruolo
dell’associazione Valdocco, del progetto Citta Possibile, inoltre ha
gestito una percentuale di fondi minima, lavorando esclusivamente al
Dado di Settimo e rinunciando spontaneamente a parti di un appalto già
vinto
Un risultato comunque ottenuto è sotto gli occhi di tutti,
lo sgombero del campo rom di Lungo Stura Lazio, modello di inclusione
sociale, apprezzato e preso ad esempio dal ministero delle Politiche
Sociali.
Falso anche che Terra del Fuoco abbia colpevolmente taciuto lo stato delle cose.
Oliviero Alotto aggiunge “Queste cose le abbiamo dette diverse volte e
in tempi non sospetti. , in particolare con la lettera appello del 2
ottobre 2014. Pensiamo che se il Comune avesse risposto al nostro
appello le cose sarebbero andate diversamente”.
E ancora “Non
siamo usciti dal raggruppamento perché questa azione avrebbe causato
l’interruzione dell’appalto, con il conseguente danno diretto alle
famiglie rom a alla città, impedendo di fatto il superamento del campo
di Lungo Stura Lazio. Ci siamo ridimensionati lavorando solamente su ciò
che ritenevamo produttivo”.
Infine la frecciata dell’avvocato
Giampaolo Zancan alla procura “Le notizie sul procedimento a carico di
Oliviero Allotto le abbiamo ottenute da fonti mediatiche, speriamo che i
magistrati ritengano opportuno convocarci”.
(Fonte: Articolo Tre)