di Ernesto Rossi
Non, mancate, come si dice. Anche se la coloratissima
locandina prosegue proclamando che “E’ l’ultima occasione di visitare il
campo Rom di via Idro a Milano”. Anche questo si dice, pur di
richiamare l’attenzione e (mi raccomando!) la presenza. O forse si
tratta di scaramanzia: dirlo per allontanare la possibilità che succeda.
Invece, per quanto ci risulta, il campo comunale di via Idro, uno dei
più antichi di Milano; il più bello, con le sue casette immerse nel
verde; il più attrezzato, con il suo centro sociale, ormai in rovina per
eccesso di manutenzione; quello con più speranze, avendo una volta una
cooperativa interna che gestiva serre di piantine e fiori per il Comune
di Milano; l’unico difeso dal suo Consiglio di Zona; ma, soprattutto e
comunque il più ‘integrato’: non solo scuola, lavori, amicizie, ma parte
della festa di via Padova, con mostre, installazioni d’arte,
spettacoli, proiezioni, musica… be’, il Comune di Milano lo chiude. Ci
sarà un motivo, direte voi. Noi non lo abbiamo scoperto. Ad ogni buon
conto, si ricorre al TAR. Un risultato c’è: le persone che lì sono
cresciute, donne uomini bambini, insieme alle loro case, andando nelle
scuole del quartiere, stringendo amicizie, trovando qualche lavoro,
finiranno in un CES (l’acronimo è municipale): in container con altre
famiglie, separate da tende, con qualche doccia, qualche cucina più o
meno funzionante, sradicati da tutto, in condizioni emergenziali e
provvisorie. Non c’è altro da aggiungere.